Da Pezzoni di ROCKIT

Ciao!

Questa è Pezzoni, la newsletter di Rockit dove ogni settimana ti raccontiamo 5 canzoni che devi ascoltarti. Oggi siamo finiti su un’isolotto con un producer che adoriamo, mentre in acqua nuota una band toscana bella sguaiata. Così come vi raccontiamo la migliore live band degli anni '00, una giovane cantautrice dalla lacrima facile e un delirante trio technaro che non ha affatto paura di spingere sull’acceleratore. Stappati le orecchie, che qua c’è della roba notevole.

Lacrime sul Mac

Tutto Piange è il moniker, che non scoppia esattamente di gioia, della cantautrice romana Virginia Tepatti. Al momento i singoli pubblicati sono 2, con un terzo in arrivo questo venerdì, ma ha già avuto modo di farsi notare in apertura ai concerti di Any Other e Dente negli ultimi mesi. Intanto ci riascoltiamo quel poco che c’è fuori, a cominciare da Garageband: la malinconia evocata dal nome è ben palpabile, ma c’è una forza che mitiga il dolore nella spinta di basso e batteria, mentre le chitarra si avvolge attorno al testo cantato con tono leggero. “Siamo soli abbastanza fino a qui”, canta Virginia nel ritornello: un verso che, più che angosciare, fa trovare una strana forma di rassicurazione.

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Una scatoletta nel videoregistratore

Disordinati, caotici, storti, un p0’ come i disegni scarabocchiati che popolano i loro account social e altrettanto meravigliosi. Loro sono i Tonno, toscanacci con l’animo da eterni fuorisede e un urlo in gola sempre pronto a esplodere. Quando uscì il video del loro singolo VHS, lo dicemmo subito: fa cagare da dio. Lo rivendichiamo ancora oggi, con la differenza che, a distanza di anni, VHS ha raggiunto ancora più quello status di piccolo culto che già si intravedeva al momento dell’uscita, e cantare a squarciagola “sono nato a 16 anni” è diventato ancora più liberatorio.

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Il naufrago Godblesscomputers

Lorenzo Nada aka Godblesscomputers, uno che quando si parla di “musica fatta bene” è un esempio tra i più virtuosi. Producer e musicista con un passaggio fondamentale a Berlino, la sua musica si muove in un magico incastro tra elettronica, hip hop, new soul e nu jazz, ma anche IDM e ambient: qualcosa di incredibilmente evocativo, tanto da rendere quasi tangibili i suoi paesaggi sonori. Nel 2020 pubblicava un disco che da questo punto di vista è clamoroso: The Island, che trasporta in una sorta di isola sospesa tra realtà e immaginazione, come un Castaway psichedelico. E che ha in Fire in the Jungle uno dei suoi picchi più alti.

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Si è dopata una stella

Lo specificano nel testo, come si fosse anche solo una briciola di possibilità di fraintendimento: Born this way (but not the Gaga’s one). Loro sono i Dead Cells Corporation, la cosa più simile a un’associazione terroristica fatta a band. I bpm schizzano a velocità folli, come se la sfida fosse distruggere i muscoli di chi ascolta a suon di ballare, in una technazza molestissima e al tempo stesso parecchio divertente. È tutto un frullatore di delirio da cui è impossibile uscire indenni, con i neuroni che si troveranno a rimbalzare impazziti tra le pareti del cranio. Insomma, noi vi abbiamo avvisato: assicuratevi di essere in un ambiente adeguato prima di premere sconsideratamente play.

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La fattoria degli invertebrati

Che manata di gruppo che erano i padovani Red Worm’s Farm, band i cui live fanno ancora tremare i palchi in cui si sono esibiti nell’arco della loro carriera. Qualche anno fa La tempesta - sempre sia lodata - ha ripubblicato la loro discografia, per renderla accessibile a chi malauguratamente se la fosse persa. La potenza è impressionante anche senza vederli dal vivo: la formula “Two guitars and drums, we always do the same”, da loro rivendicata fieramente, è qualcosa di strepitoso. Prendiamo a esempio Yeah, Yeah Everything, dal loro disco del 2005 Amazing: il riff parte all’attacco nervosissimo, così come la batteria si agita inarrestabile, per un pezzo che è una fucilata da sparare a tutto volume in cuffia.

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